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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 13
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originale
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13 Sed animadverti, Quinte, te caute et ab iis coniecturis quae haberent artem atque prudentiam, et ab iis rebus quae sensibus aut artificiis perciperentur, abducere divinationem eamque ita definire: divinationem esse earum rerum praedictionem et praesensionem quae essent fortuitae. Primum eodem revolveris: nam et medici et gubernatoris et imperatoris praesensio est rerum fortuitarum. Num igitur aut haruspex aut augur aut vates quis aut somnians melius coniecerit aut e morbo evasurum aegrotum aut e periculo navem aut ex insidiis exercitum quam medicus, quam gubernator, quam imperator?
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traduzione
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13 Ma ho notato, Quinto, che tu accortamente separi la divinazione sia dalle previsioni che potrebbero dipendere dall'abilit? e dall'intelligenza, sia da tutto ci? che si potrebbe percepire mediante la sensazione o qualche tecnica particolare, e la definisci cos?: la predizione e il presentimento di quelle cose che sono dovute al caso. Ma, innanzi tutto, torni a imbatterti nelle stesse difficolt?: ch? la previsione del medico, del navigante, del comandante di eserciti riguarda appunto eventi casuali. Dunque un ar?spice o un ?ugure o un vaticinante o uno che ha fatto un sogno sapr? prevedere la guarigione d'un ammalato, o la salvezza di una nave dal naufragio, o di un esercito da un agguato, meglio di un medico, di un navigatore, di un comandante?
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